Commento al vangelo della II domenica di Quaresima

Nel mistero

Il vangelo di questa domenica ci presenta l’episodio della Trasfigurazione. La frase evangelica attraverso cui si manifesta il mistero è: καὶ μετεμορφώθη ἔμπροσθεν αὐτῶν (kaì metemorfòthe èmprosthen autòn); così traducibile: “fu trasfigurato davanti a loro”. Il verbo μεταμορφόω (metamorfòo), se lo si scompone nelle due parti che lo formano, traduce letteralmente un cambiamento (metà) di aspetto (morfé): la metamorfosi del Figlio nel Padre per mezzo dello Spirito, dunque, la manifestazione della Trinità nel nostro spazio-tempo: il Dio diventa Uomo, per amore, l’Uomo, per amore, ritorna a farsi vedere Dio, perché tutti possiamo partecipare di Lui.

Le vesti bianche

Spicca, nelle parole del vangelo, il candore delle vesti, sottolineato dalla frase οἷα γναφεὺς ἐπὶ τῆς γῆς οὐ δύναται οὕτως λευκᾶναι (oìa gnaféus epì tès gès ou dùnatai oùtos leukànai); letteralmente traducibile: “(vesti) quali un lavandaio sulla terra non può rendere così bianche”. La bellezza del Cristo trasfigurato è un dono, nessuno sforzo umano, di carne e di spirito, può raggiungerne la profondità. Il mistero che oggi contempliamo sta a dire: innamorati della tua povertà, perché con essa sei partecipe della gratuità con cui il Signore si dona a te.

Come Pietro

È in una “densa nube” che Dio si manifesta al popolo degli israeliti nel deserto (Es. 19, 9): “Il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano per sempre anche a te»”. In una “densa nube” stabilisce l’alleanza con il suo popolo e con essa stabilisce la legge.

Ora, Dio torna di nuovo nella nostra storia per indicare la nuova legge, scritta nel cuore di ciascuno. Il Padre torna a farsi vedere nel Figlio, ripetendoci che il mistero che ci eccede può essere contenuto nel nostro cuore di carne, se solo, come Pietro, riusciamo a tornare bambini, pieni di stupore, mendicanti di verità e d’amore.

Lasciamoci provocare dal mistero della Trasfigurazione, lasciamo che il cuore ritorni a battere e senta forte il dolore della mancanza che ci abita, per diventare vasi vuoti, poveri, ma pronti ad accogliere il mistero di Dio.

Elisabetta

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