Un Tu che basta! è una meditazione del Vangelo secondo Luca 9,22-25

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Se questo Vangelo fosse una lezione di morale o un’esortazione volontaristica, avrei avuto una sola scelta: chiudere gli occhi, sentirmi inadeguato, chiudere e sperare in un Vangelo maggiormente alla mia portata domani; ma poiché sono cresciuto nella certezza che ogni passo della Scrittura parla a me e alla mia situazione attuale non mi resta che tentare di addentrarmi al suo interno, nella speranza che almeno una di queste parole possa essermi di sostentamento nel peregrinare quotidiano.

Ci sono due termini che, nonostante la loro assenza, sono presenti nel testo e lo informano: libertà ed amore. Libero è Gesù davanti alla sua storia e alla sua missione, queste ultime due affidate a Lui dal Padre e alle quali Lui può liberamente rispondere. Qui si può notare la tanto acclamata e spesso fraintesa libertà dei figli di Dio, che si origina e si nutre sull’esempio di Cristo. Solo Gesù, essendo totalmente libero e totalmente figlio, ha potuto fidarsi ed amare il disegno del Padre su di Lui fino alla morte e alla morte di croce: “Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil 2, 7 – 8).

Da questo modus vivendi cristologico possono trarre linfa i discepoli: “Se qualcuno vuole venire dietro a me…”, non c’è nessun obbligo alla base della sequela, nessun ‘devi’, nessun ricatto emotivo, così caro ai nostri rapporti, nessun: «Se non fai così, non ti amo più». Una scelta libera ma radicale, una scelta che ha necessità di essere alimentata ad ogni passo perché la salita è dura e gli ostacoli non mancano: rinnegare sé, prendere la propria croce, perdere la propria vita. Gesù è sincero, non illude e non mente.

Una volta imboccata questa via che si fa? O meglio: come si fa?

Il mio cuore ascoltando tale appello ha una diversità di reazioni: o tira i remi in barca, ancor prima di toccare la superficie marittima oppure aderisce con slancio e poco dopo, come i due terreni della parabola del seminatore, o si fa soffocare dalle preoccupazioni e paure oppure muore per mancanza di radice, di fondamento. In questa salita la disciplina, la forza di volontà, la custodia dei sensi, la preghiera e molte altre cose sono condizioni necessarie ma non sempre, anzi quasi mai, sufficienti se manca l’ingrediente dei grandi santi: un cuore che arde d’amore per Dio. Ecco l’ingrediente magico, che magico non è, perché ha bisogno di tutta la nostra forza per giungere alla meta della santa montagna.

Proprio pensando a questo amore bruciante mi sono tornate nel cuore le parole infuocate di San Bernardo da Chiaravalle, che tenterò artigianalmente di tradurre:

“Il est donc bon pour moi Seigneur, d’être dans la
détresse, pourvu que tu y sois avec moi; cela me vaut
mieux que de régner sans toi, de me réjouir sans toi,
d’être sans toi dans la gloire. Mieux vaut pour moi de
me serrer contre toi dans la détresse, de t’avoir avec
moi dans le creuset, que d’être sans toi, même dans le ciel.

En effet « qu’est-ce que je souhaite dans le ciel et
qu’est-ce que je désire sur la terre sinon toi »”

(E’ dunque un bene per me Signore di essere nella tristezza, a patto che tu sia lì con me, ciò per me vale più che di regnare senza di te, di gioire senza di te, di essere senza di te nelle gloria. E’ meglio per me di stringermi a te nella tristezza, di averti con me nel crogiulo, che di essere senza di te anche fossi nel cielo. In effetti: «Che cosa desidero nel cielo e ciò che desidero sulla terra se non te»”.)

Chi avrebbe mai potuto scrivere parole del genere se non un santo? Se non un uomo che ama Dio così fortemente, così radicalmente, così profondamente da augurarsi di stare male a condizione di stare con l’Amato. Tutto quello che “conduce” all’Amato diventa una pena sopportabile considerando la meta o come direbbe un altro grande santo: “Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto!”.

Padre, in questo tempo di Quaresima, donaci un cuore guarito ed ardente di amore affinché possiamo diventare anche noi, finalmente, figli nel Figlio.

Altre meditazioni sulla Parola di Dio, sono qui nella rubrica Lievito nella pasta.

Condividi questa pagina!