Vi confido che io, in Zaccheo, mi  ci rivedo, sarà per la non eccelsa statura, sarà per quella voglia di “vedere Gesù” che porta con sé il giudizio sarcastico del mondo e della gente, sarà per quel desiderio di andare al di là della gente, di quello che la gente pensa di Gesù, di quello che la gente dice di Gesù e non solo di lui, sarà perché, come tanti, mi porto dentro quella solitudine che in Zaccheo è palese, quella voglia di sicurezze che Zaccheo rende accumulando le ricchezze; sarà perché io – come Zaccheo – vorrei correre a capofitto o a rompicollo a quell’oggi di Gesù, sarà perché come Zaccheo voglio donare tanto a chi meno ha e meno può avere e se si riesce anche riparare qualche ingiustizia e qualche ferita inferta da me.

Sarà per tutto questo, per ognuna di queste “voci” ma sarà soprattutto per quell’attesa che alberga il mio cuore nello sperare in uno sguardo di predilezione, di scelta, di accettazione. Uno sguardo che trasforma e travolge la vita. Perché se è vero che Dio – come nella Genesi – crea con la parola, non meno deciso è il suo sguardo profondo e sicuro e mentre penso a quegli occhi su di me, tornano in superficie quei versi delicati di Pedro Salinas, versi con cui vorrei chiudere, chiedendo la grazia, per me e per ognuno di voi, di  sperimentare uno sguardo così:

“Quando tu mi hai scelto
– fu l’amore che scelse –
sono emerso dal grande anonimato
di tutti, del nulla.
Sino allora
mai ero stato più alto
delle vette del mondo.
Non ero mai sceso più sotto
delle profondità
massime segnalate
sulle carte di mare.
E la mia allegria era
triste, come lo sono
quei piccoli orologi,
senza braccio cui cingersi,
senza carica, fermi.
Ma quando mi hai detto : “Tu”
– a me, sì, a me, fra tutti –
più in alto ormai di stelle
o coralli sono stato.
E la mia gioia
ha preso a girare, avvinta
al tuo essere, nel tuo pulsare.
Possesso di me tu mi davi,
dandoti a me.
Ho vissuto, vivo. Fino a quando?

So che tu tornerai
indietro. E quando te ne andrai
ritornerò a quel sordo
mondo, indistinto,
del grammo, della goccia,
nell’acqua, nel peso.
Sarò uno dei tanti
quando non ti avrò più.
E perderò il mio nome,
i miei anni, i miei tratti,
tutto perduto in me, di me.
Ritornato all’ossario immenso
di quelli che non sono morti
e non hanno più nulla
da morire nella vita”. 

 

Il Vangelo di questa domenica è Lc 19,1

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