Ed ecco, proseguiamo con l’ultimo articolo del nostro Giuseppe Bianchini (per leggere lo scorso articolo, clicca qui).

Ultima voce, a chiosa di questa rapida scorsa di autori, è quella di Clemente Rebora. Ha molto di tempo di primavera e, per chi crede, di quaresima anche.

Ultima voce

al cuore pulsante, l'attesa

Dall’immagine tesa
vigilo l’istante
con imminenza di attesa –
e non aspetto nessuno:
nell’ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono –
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno:
ma deve venire;
verrà, se resisto,
a sbocciare non visto,
verrà d’improvviso,
quando meno l’avverto:
verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.

Il suo bisbiglio

Il suo bisbiglio dice l’autore. Ma di chi?

Rebora, religioso oltre che poeta, ha sofferto di problematiche psicologiche; è stato anche in manicomio vicenda questa che potremmo rintracciare in espressioni come “immagine tesa” o “fra quattro mura”. La follia è l’esito misterioso, a volte, della suggestione che ci fa soli.

Rebora è solo, ma la sua solitudine, ci riferisce, è abitata; la poesia risente infatti di una attesa che cresce verso un climax, come quando da lontano vedi il volto della persona che stai aspettando. Qualcuno attende e qualcuno è atteso. L’atteso è un paradosso perché non si conosce chi sia, e allo stesso tempo ha già posto le sue radici nel vissuto del poeta.

Al cuore pulsante

Ora non spetta a noi trarre le conclusioni che sono sempre limitate e qualche volta anche inutili.

La poesia non è certamente l’arte del “concluso giardino”. 

Abbiamo bisogno di domande che si riaccendano nel nostro “animo informe”.

Abbiamo bisogno delle domande che solo chi è stato nel vertiginoso balzo delle proprie domande può consegnarci.

Abbiamo bisogno di poesia.

O meglio, abbiamo bisogno di poeti, come quelli che abbiamo citato.

Ed in questo si riassume il segreto della poesia, del poeta, che guardando al ganglio nevralgico del proprio cuore pulsante e al cuore pulsante della realtà si orna di quelle forme che diventano parole.

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