I verbi del volontario nasce in un piovoso pomeriggio di Maggio per un’occasione speciale: il memorial di un caro amico, tornato al Padre troppo presto, Mattia. E’ una serie di meditazioni, per la precisione cinque, messe sotto forma di “passi” le quali cercano di approfondire dei “verbi” che costituiscono l’identità del volontario. Il terzo passo sul fare e donare è nel link.

PERSEVERARE – PAZIENTARE

Abbiamo già iniziativa la salita, è sempre così quando decidiamo di andare in profondità con le domande, le fatiche emergono.

Dopo esserci chiesti perché e per chi siamo o non siamo volontari, poniamo l’attenzione su un’altra costante della vita del volontario: gli ostacoli.

Da tempi immemori vige questa legge: chi fa il bene incontra ostacoli, a volte di più di chi compie il male.

Lo stesso Gesù, più di una volta, mette in guardia i suoi discepoli da questa realtà.

Il volontario quando inizia il suo servizio deve mettere in conto: le incomprensioni, le gelosie, le resistenze, le ristrettezze di tempo e di finanze, la mancanza di personale, l’ingratitudine, le chiacchere, l’assenteismo.

Tutti piccoli sassolini che all’inizio possono essere trascurabili ma che poi con il tempo diventano macigni e rendono il cammino difficoltoso ed ardito, ad ogni passo, ed alcuni – senza stare a criticare – decidono di lasciar perdere.

Se è vero che ognuno di noi ha mille ragioni per continuare a prestare servizio, è vero pure che ve ne sono mille ed una per lasciar perdere.

Qui entra in gioco una virtù spesso assente nei nostri cuori, anche se soavemente acclamata: la pazienza.

La pazienza non è solo la capacità di sapere aspettare, è l’abilità, sempre utile, di sapere “soffrire” con pace.

Le contrarietà fanno parte della realtà, negarle o cercare di rimuoverle è un’ esercizio che può sfociare in una sorta di idealismo; migliorare ciò che si vive è doveroso, ma pretendere che tutto sia perfetto è infantile.

Non ci si deve scandalizzare troppo del comportamento proprio ed altrui, questo non vuol dire avvallarlo o ancor peggio giustificarlo ma il cuore dell’uomo è un abisso – dicono i Salmi – e da esso può scaturire il bene ma anche il male più profondo.

Così davanti al fratello o alla sorella che è egoista, davanti a quel volontario che non si comporta onestamente, davanti a quell’assistito che non ci rispetta,

cosa fare? Pazientare e perseverare.

E’ duro, molto duro ma è qui che si incarna il detto: “Ne vale la pena”.

Alla fine di questo passo chiediamoci con sincerità: ne vale la pena?

Prima di rispondere, chiudete gli occhi e fate scorrere tutti i volti delle persone che avete aiutato in questi anni, mesi, giorni di servizio.

Forse – dico forse – la risposta avrà un altro esito.

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