PERSEVERARE – PAZIENTARE

Abbiamo già iniziativa la salita, è sempre così quando decidiamo di andare in profondità con le domande, le fatiche emergono.

Dopo esserci chiesti perché e per chi siamo o non siamo volontari, poniamo l’attenzione su un’altra costante della vita del volontario: gli ostacoli.

Da tempi immemori vige questa legge: chi fa il bene incontra ostacoli, a volte di più di chi compie il male.

Lo stesso Gesù, più di una volta, mette in guardia i suoi discepoli da questa realtà.

Il volontario quando inizia il suo servizio deve mettere in conto: le incomprensioni, le gelosie, le resistenze, le ristrettezze di tempo e di finanze, la mancanza di personale, l’ingratitudine, le chiacchere, l’assenteismo.

Tutti piccoli sassolini che all’inizio possono essere trascurabili ma che poi con il tempo diventano macigni e rendono il cammino difficoltoso ed ardito ed alcuni – senza stare a criticare – decidono di lasciar perdere.

Se è vero che ognuno di noi ha mille ragioni per continuare a prestare servizio, è vero pure che ve ne sono mille ed una per lasciar perdere.

Qui entra in gioco una virtù spesso assente nei nostri cuori, anche se soavemente acclamata: la pazienza.

La pazienza non è solo la capacità di sapere aspettare, è l’abilità, sempre utile, di sapere “soffrire” con pace.

Le contrarietà fanno parte della realtà, negarle o cercare di rimuoverle è un’ esercizio che può sfociare in una sorta di idealismo; migliorare ciò che si vive è doveroso, ma pretendere che tutto sia perfetto è infantile.

Non ci si deve scandalizzare troppo del comportamento proprio ed altrui, questo non vuol dire avvallarlo o ancor peggio giustificarlo ma il cuore dell’uomo è un abisso – dicono i Salmi – e da esso può scaturire il bene ma anche il male più profondo.

Così davanti al fratello o alla sorella che è egoista, davanti a quel volontario che non si comporta onestamente, davanti a quell’assistito che non ci rispetta,

cosa fare? Pazientare e perseverare.

E’ duro, molto duro ma è qui che si incarna il detto: “Ne vale la pena”.

Alla fine di questo passo chiediamoci con sincerità: ne vale la pena?

Prima di rispondere, chiudete gli occhi e fate scorrere tutti i volti delle persone che avete aiutato in questi anni, mesi, giorni di servizio.

Forse – dico forse – la risposta avrà un altro esito.

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