I verbi del volontario nasce in un piovoso pomeriggio di Maggio per un’occasione speciale: il memorial di un caro amico, tornato al Padre troppo presto, Mattia. E’ una serie di meditazioni, per la precisione cinque, messe sotto forma di “passi” le quali cercano di approfondire dei “verbi” che costituiscono l’identità del volontario. Il quarto passo “perseverare e pazientare”, lo trovate qui.

«Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce” (Lc 8, 16).

Con questa frase pronunciata da Gesù nel capitolo ottavo del Vangelo secondo Luca giungiamo all’ultimo passo. La vita di un volontario è, più che dovrebbe essere, come una lampada. Un uomo o una donna che svolgono il loro servizio e da esso ne traggono gioia, non possono non brillare.

Questi ultimi due verbi sono quasi involontari perché la vita parla molto di più delle parole, perché proprio essa, la vita, ci rende credibili.

Ognuno a modo suo può testimoniare la bellezza di ciò che ha incontrato e che vive,

ognuno può contagiare l’altro con il proprio modo di essere per l’altro e questo “diffondere” la luce è parte integrante del servizio stesso, non un’appendice propagandistica.

I volontari, le volontarie sono belli e belle,

sul loro volto è dipinta quella gioia che solo una vita donata può trasmettere.

In questo ultimo passo occorre ringraziare per questa gioia immeritata,

per questo amore ricevuto e ripetersi con consapevolezza che

c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.

 

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