La storia di una ‘promessa’, di una terra martoriata ma piena di speranza, di un legame materno e fraterno tra una sorella contemplativa ed un giovane missionario che sboccia in ‘gruppo contempl-attivo‘.

«Prometti che mi accompagnerai quotidianamente con la preghiera nella mia missione?». Così il giovane comboniano ad una monaca carmelitana. «Certo! Con gioia!» la risposta. Lei ha ricordato subito S. Teresa di Gesù Bambino alla cui preghiera erano stati affidati due missionari e, pensando anche a loro, scriveva: «Signore, lo sai: non ho altri tesori se non le anime che a te è piaciuto unire alla mia; questi tesori me li hai affidati tu».

Accadeva quasi una ventina d’anni fa. Poco tempo dopo, P. Christian Carlassare – era lui il giovane comboniano della promessa – partiva per la prima volta per l’Africa. Con volo umanitario dell’ONU, ha raggiunto il Sud Sudan, nella zona paludosa che circonda il Nilo. Aveva atteso tanto il momento di arrivare in missione e ora si chiedeva: «Dove sto andando a finire? Alla fine del mondo… come si può vivere in un posto così?». Atterrando e ritrovandosi tra tanta gente che stava in quel luogo perché fuggita dalle città a causa dei conflitti in corso da lungo tempo nel Paese, ha pensato: «Qualcuno dei miei amici ha scelto la vita contemplativa, monastica, io mi trovo a vivere la vita apostolica, missionaria, in una realtà che comunque è un monastero a cielo aperto, dove il Signore si fa presente in ogni ora del giorno».

In un contesto molto povero di risorse materiali – il Sud Sudan è uno dei Paesi più poveri del mondo – , ha scoperto ben presto che la vera risorsa sono le persone nella loro capacità di farsi ‘altro’, di mettersi in comunione con l’altro. Da subito la decisione di vivere la dinamica di mettersi al passo con la gente, seguendo i tempi e i processi lenti, lunghi, delle persone. Camminare insieme ad un popolo che freme per la propria liberazione, giorno dopo giorno, nella solidarietà e nel dono totale di sé, nell’annuncio del Vangelo della vita e impegnandosi per la pace: questa è diventata l’esistenza di P. Christian. «È mistico colui o colei che non può smettere di camminare» (Michel de Certeau). Camminando con coloro che sono diventati suo popolo, condividendone gioie, sofferenze, paure e speranze, vive la “mistica della prossimità” nella realtà quotidiana.

Appena arrivato in terra africana, si è sentito accolto dalla popolazione locale come un figlio – era giovane, 28 anni -, in seguito come un fratello e col tempo sempre più come un padre. Come a confermare questa paternità, nel marzo 2021 una sorpresa assolutamente inattesa: Papa Francesco lo nomina vescovo della diocesi di Rumbek! «Uno spavento! – dice P Christian – Marcherà tutta la mia vita e per sempre. Ho vissuto il momento con grande timore, ma ho sentito anche la pace nel dire ‘Eccomi!’… Poi il 25 aprile uno spavento ancora più grande. È successo qualcosa che adesso mi lega ancora di più a questo Paese, perché sono stato vittima di un attentato che mi fa portare le stesse ferite che il popolo del Sud Sudan porta a causa di tanti anni di conflitto in un contesto di cultura della violenza, del più forte che vince sul debole, che si è radicata nella struttura di questo Paese… In quei mesi ho sentito forte la vicinanza di tante persone… che in tanti modi mi hanno mostrato il loro sostegno. Per me è stata una grande forza la preghiera di tante persone, preghiera non per ricevere grazie, ma che ci facesse sentire ‘uno’ in Cristo, per sentire che il Signore era stato presente in ogni momento di questo attentato e lo sarà sempre nel mio ministero futuro. Ringrazio il Signore, desidero portare queste ferite insieme al popolo del Sud Sudan e dare speranza». Ecco, in quel momento doloroso e delicato, la carmelitana, fedele alla sua promessa, ha coinvolto diverse persone nella preghiera per P. Christian.

Con alcuni amici, da quella promessa originaria, è scaturita allora l’idea di creare il “Gruppo missionario contempl-attivo Bakhita”. “Contempl-attivo”: parola amata da d. Tonino Bello. Gli amici del gruppo vogliono innanzi tutto accompagnare con la preghiera il cammino di liberazione e di fede del popolo della diocesi di Rumbek insieme al suo Pastore. «Pregare è trasformare la realtà. È una missione attiva… Non è distanza dal mondo, ma cambiamento del mondo. Pregare è portare il palpito della cronaca a Dio perché il suo sguardo si spalanchi sulla storia. Se la preghiera è viva, “scardina dentro”, ravviva il fuoco della missione, riaccende la gioia, provoca continuamente a lasciarci inquietare dal grido sofferente del mondo» ha detto Papa Francesco. E poi il gruppo desidera sostenere questa missione concretamente, con tutte le iniziative che la creatività dello Spirito suggerirà. La conoscenza aggiornata della realtà del Sud Sudan, e in particolare di Rumbek, ci aiuterà a portarla nel cuore e a fare nostri i sogni di P. Christian per la “sua” gente, impegnandoci per quanto è possibile per la loro realizzazione.

Suor Marta Bergamasco

Chi volesse conoscere ‘dal di dentro’ questa realtà, potete cliccare qui: Gruppo Bakhita

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