A questo punto del nostro percorso, dopo aver velocemente visto il Prologo della Regola e in due puntate l’organizzazione di un monastero, ci accingiamo a conoscere la parte relativa al “Codice spirituale”.
All’interno della Regola vi sono vari “Codici”, ecco come possono essere suddivisi:
- Codice Spirituale (Capp. 4-7) dove sono presenti i valori fondamentali per la vita di un monaco.
- Codice Liturgico (Capp 8-20), il quale norma, nella pratica, la vita liturgica e di preghiera all’interno di un monastero.
- Codice disciplinare (Capp. 21-72), questa ultima parte della regola descrive l’esistenza di un monaco dentro il monastero.
Il Codice spirituale
Oggi prendiamo brevemente in considerazione il Codice o sezione Spirituale che descrive le fondamenta di una vocazione monastica. La sezione sovracitata comprende il capitolo delle Buone Opere (RB 4), quello sull’obbedienza (Cap. 5), sul Silenzio (cap. 6) e infine la scala dell’umiltà (cap. 7).
Ciò che faremo sarà una breve panoramica affinché alcuni temi fondamentali della Regola possano essere messi adeguatamente in luce.
Uomo del silenzio e dell’ascolto
Innanzitutto il monaco è un uomo del silenzio e di conseguenza deve essere anche un uomo dell’ascolto. Questa dimensione dell’ascolto è espressa anche nella preghiera. Il monaco è l’uomo dell’ascolto, come abbiamo visto nel prologo, ma è anche un cercatore di Dio e un “ricercato” da Dio. Il monaco ascolta con orecchio attentissimo la voce del Signore che risuona nella Scritture e nei fratelli presenti in comunità. Per ascoltare la voce di Dio, però, bisogna principalmente fare silenzio, sia interiore ma anche esteriore, sia nella mente che nel cuore. Questo silenzio ha due aspetti importanti quello “ascetico” e quello “mistico”; il primo è l’ astenersi dal parlare per mortificazione e il secondo è il coltivare un clima di silenzio per poter far risuonare la Parola di Dio dentro di noi.
La scala dell’umiltà
Un altro aspetto del monaco è anche il dover percorrere un cammino di spogliazione di sé (un cammino o meglio una scala dell’umiltà). A tale tema San Benedetto dedica un lungo capitolo della regola (RB 7). Il cammino di spogliazione ci viene rappresentato come una scala da ascendere con fatica .
Nella letteratura monastica la figura del monaco è sempre presentato come un uomo o una donna umile, con un’anima povera, sempre cosciente di essere peccatore e chiamato a sentirsi ultimo degli ultimi in monastero. Esortato a essere critico verso la propria volontà per essere ad imitazione di Cristo che venne per non fare la sua volontà ma la volontà del Padre.
L’obbedienza
L’obbedienza nella regola di San Benedetto è importante, il Santo Patriarca ne tratta specificamente in un capitolo ma possiamo rintracciare tale tema in tutta la Regola. Il cammino dell’umiltà ha una delle sue modalità realizzative nell’obbedienza a persone concrete, nei primi tre gradini dell’umiltà si parla di essa.
San Benedetto parla tante volte e in diversi modi della virtù citata, ne parla nel prologo, ne parla nei primi sette capitoli senza nascondere che sia difficile obbedire e che l’obbedienza deve essere anche nelle cose impossibili. Verso la fine della Regola, inoltre, parla dell’obbedienza reciproca fra fratelli e soprattutto che i monaci devono essere consci che “per questa via dell’obbedienza essi andranno a Dio” (RB 71).
Oggi l’obbedienza è in crisi tuttavia, nella concezione monastica, non possiamo prescindere da questo punto fondamentale.
Infine vorrei parlare del fatto che il monaco dedica alla preghiera la parte migliore della sua giornata e tende a diventare un uomo di preghiera. Lo possiamo notare nel cap. 4 (Strumenti delle Buone opere) che cita esplicitamente: “Nulla anteporre all’amore di Cristo” ma anche nel cap. 43 “Nulla anteporre all’opera di Dio”. Sono due citazioni parallele che ci fanno intuire come si incontra Dio nella vita di preghiera del monaco.
Questo argomento lo affronteremo nel prossimo articolo che prenderà spunto da questa citazione: “La liturgia è lo spazio privilegiato dell’incontro con Cristo”.
Quaesitor Dei