Se chiudo gli occhi ancora sento sulla mano il calore di quel camino acceso, ancora posso sentir echeggiare le parole di quella catechesi, l’accento francese di quel frate, quasi un padre per me.

Era un giovedì come tanti, eravamo stati convocati nella sala del camino, e lì all’ingresso c’era un quadro di Gesù Buon Pastore, quei quadri in cui Gesù ha gli occhi cerulei, uno sguardo mellifluo, una pelle diafana. Un Gesù naïf. E nella sua voce c’era quasi la rabbia verso coloro i quali avevano dipinto un Gesù che sembrava tutto tranne che il custode delle pecore, un pastore ingenuo, inesperto.

E ci proclamava il brano del Buon Pastore, con una voce quasi commossa, rotta dal pianto perché lui, non altri, avevano sperimentato la forza, la virilità dell’amore di Dio. Il quale ‘amore’ non deve essere confusa o peggio scambiata per una pseudo benevolenza, una generica simpatia.

E ci parlava delle mani del pastore, mani dure, callose, segnate dal lavoro, dal freddo, dal caldo. Mani le quali non temono, anzi sono lì per difendere le sue pecore, sono lì strette – a volte anche a pugno – per dire che nessuno può sottrargli le pecore se non è lui a permetterlo.

Lui, frate scultore, ci parlava di una statua che è nella sua stanza, di un Gesù che tiene stretta, serrata nelle sue mani la pecorella, quella smarrita, quella cercata, quella ritrovata.

Ed io ci credo a questa promessa: “nessuno le strapperà dalla mia mano“, su di essa fondo le mie sicurezze, che nessuno potrà strapparmi dalle mani di Cristo, se lui non lo permette.

Paride

Il Vangelo di questa IV Domenica del Tempo di Pasqua lo potete trovare qui.

Invece qui la meditazione alla III domenica del Tempo di Pasqua: dopotutto-ci-sei-tu.

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