Norme vissute

Siamo arrivati alla conclusione del nostro cammino sulla regola benedettina, abbiamo visto i punti salienti di questo codice: la regola non continua solo a parlare ai monaci che la seguono, ma anche ad ognuno di noi che ci approcciamo a questo testo. Nella regola abbiamo visto una serie di norme, ma prima di essere delle norme scritte sono norme vissute sulla pelle di Benedetto.

Benedetto e Scolastica

San Benedetto e Santa Scolastica – affresco presso il Sacro Speco di Subiaco

Nella vita di San Benedetto, il Papa Gregorio cita la Regola solo dopo l’incontro di Benedetto con Scolastica, sua sorella gemella. La Regola potrebbe essere semplicemente un codice giuridico per poter applicare e vivere una determinata vita. Oppure la testimonianza di uno spirito maschile che cerca di regolare e di ordinare tutto. Non è così. La regola viene citata dopo l’incontro con Scolastica perché vuole coniugare la chiarezza dello spirito maschile con la bontà dell’amore femminile. L’insieme delle due visioni della vita ci permette di riflettere sulla regola come un camminare assieme verso Dio.

E’ un libro giuridico, ma prima di tutto dobbiamo considerarlo un libro spirituale. Esso contiene cose terrene, come mangiare e il bere, l’economia, gli oggetti dei laboratori, ma contiene anche un codice spirituale (i primi sette capitoli) che ci aiutano a guardare bene quali sono le fondamenta del mondo benedettino. 

Nella vita del santo, Papa Gregorio scrive: 

Scrisse infatti la Regola per i monaci, caratterizzata dalla sua saggezza ed esposta in forma splendente. Se uno vuole imparare a conoscere a fondo i costumi e la vita del santo, può provare nelle indicazioni della Regola tutto ciò che il maestro praticava in prima persona. Infatti il sant’uomo non poteva insegnare qualcosa di diverso da quello che viveva.

Saggezza e sermo luculentus

Da questo testo vediamo che ci sono due caratteristiche: la saggezza e l’essere sermone luculento. Per la saggezza c’è la presenza di una discrezione, un discernimento degli spiriti. San Benedetto prova su di sé cosa significa discernimento nel distinguere con precisione ciò che è la volontà di Dio da ciò che è ambizione umana. Invece la seconda caratteristica si può cogliere agli studi del giovane Benedetto. A Roma aveva studiato retorica imparando a esprimersi bene. Leggendo anche la regola vediamo che le parole di Benedetto sono schiette, dirette, senza ambizione personale, senza aggressività, senza differenze. Insomma nella Regola possiamo vedere e riconoscere una luce divina che è penetrata nell’anima di Benedetto.

Il Santo Patriarca è libero da toni moralistici: il moralismo è spesso espressione di una aggressione repressa. Benedetto è, invece, libero da queste dinamiche e dal disprezzo contro gli uomini. La Regola è ispirata alla Regula Magistri ma ci risulta chiara la differenza. Il redattore della Regula Magistri è diffidente e pensa che i monaci devono essere controllati, invece Benedetto crede invece nella bontà dell’uomo, poiché egli stesso si è riconosciuto nella propria umanità e ha fatto esperienza di Dio nella sua piena realtà come colui in cui tutto è trasformato.

Certamente l’importanza di Benedetto e della sua Regola non si esaurisce in norme o nozioni spirituali. Come in un tempo ha avuto effetto anche nella realtà sociale e politica, così oggi, mi auguro che possa essere modello  di convivenza, un segno per il mondo intero. La cosa che mi fa riflettere è l’attualità della regola e della vita benedettina. Come Benedetto ha accolto nella sua comunità non soltanto i figli della borghesia romana, ma anche i goti, così oggi anche noi guardando le nostre comunità, la nostra società dobbiamo accogliere diverse etnie. La convivenza quotidiana è per tutti un esercizio di attenzione, malgrado le nostre fragilità e incomprensioni ma è tutto possibile se grazie l’impegno di tutti guardiamo in un’unica direzione…quella di CRISTO.

Fra Matteo

Per rileggere l’ultimo articolo sulla regola di San Benedetto, clicca qui!

Condividi questa pagina!