Ritornando sui passi di un articolo passato su Basilio (https://www.legraindeble.it/lo-spirito-santo-in-basilio-di-cesarea/), intendiamo adesso soffermarci sulla questione sotto un punto di vista più teologico. Si diceva che, a differenza dei pneumatomachi, che consideravano lo Spirito Santo una creatura, Basilio, invece, lo professa come Dio, facendo leva sui termini “ousia” (sostanza) e “ipostasi” (persone). Pertanto, in Dio una è la sostanza (divina), e tre sono le persone (il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo).

Figlio e Spirito consustanziali al Padre

Il Figlio e lo Spirito Santo sono “consustanziali” al Padre: è proprio il termine “consustanziale” che indica una distinzione, infatti «il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo esistono ognuno di loro in un’ipostasi propria. Ognuna delle persone o ipostasi, nell’unità dell’essenza divina, ha la sua irriducibile peculiarità: la paternità, la figliolanza, la santificazione» (L. F. Ladaria, Il Dio vivo e vero- il mistero della Trinità, 251).

Cosa dice Basilio?

«L’essenza e l’ipostasi hanno tra loro la stessa differenza che esiste tra ciò che è comune e ciò che è individuale, come per esempio quella che c’è tra l’animale in generale e un uomo determinato. Per questa ragione riconosciamo una sola essenza nella divinità. L’ipostasi al contrario è individuale; lo riconosciamo per avere un’idea distinta e chiara sul Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Infatti, se non consideriamo i caratteri definiti per ognuno, la paternità, la figliolanza e la santificazione, e se non confessiamo Dio secondo l’idea comune dell’essere, ci è impossibile rendere ragione della nostra fede come si deve. Bisogna quindi unire quello che è individuale a quello che è comune, e confessare così la fede. Quello che è comune è la divinità; quello che è la paternità; bisogna poi riunire queste nozioni e dire: credo in Dio Padre. Lo stesso bisogna fare nella confessione del Figlio e lo stesso nei confronti dello Spirito Santo» (Ep. 236,6).

Continuando a parlare dello Spirito Santo, che è Dio, Basilio dice che egli “divinizza”, quindi,

«illuminando coloro che si sono purificati da ogni sozzura, per la comunione che hanno con lui, li rende spirituali. E come i corpi limpidi e trasparenti, allorché un raggio li colpisce diventano anch’essi scintillanti e riflettono da se stessi un altro splendore, così le anime che portano lo Spirito, illuminate dallo Spirito diventano anch’esse spirituali e riversano la grazia sugli altri. Da qui provengono: la previsione degli avvenienti, la conoscenza dei misteri, la somiglianza con Dio, il più alto dei desideri: divenire Dio» (De Sp. Sanc., 9,23).

Pertanto, capire innanzitutto teologicamente ciò che concerne la Trinità, comporta, di conseguenza, la crescita nella fede, nella speranza e nella carità secondo verità, fondamentale per vivere in maniera proficua e divina il battesimo. La lode a Dio, l’unione con lui, e il servizio al prossimo, diventano quindi un modus vivendi plasmato dalla grazia divina e ci permettono di essere strumenti validi per l’edificazione del Regno, e pietre vive, membri attivi dell’unico corpo che è la Chiesa.

Davide

Condividi questa pagina!