Il capitolo terzo della Christus Vivit, dopo l’iniziale analisi sulla quale ci siamo soffermati la scorsa volta, si arricchisce di tre trattazioni tematiche su aspetti molto importanti e delicati del mondo giovanile: l’ambiente digitale, i migranti e gli abusi

Il tema dell’ambiente digitale, parzialmente toccato l’ultima volta, è il primo che ci viene incontro nella trattazione dell’esortazione, Papa Francesco esordisce con una costatazione relativa al fatto che oramai non si può più parlare di uso o non uso dei mezzi di comunicazione ma siamo immersi in una realtà digitale. Questa immersione reca con sé delle conseguenze non trascurabili: mutano le nozioni spazio – temporali, cambia la percezione del proprio sé e della relazione con gli altri ma muta anche l’ “approccio alla realtà che tende a privilegiare l’immagine rispetto all’ascolto e alla lettura influenza il modo di imparare e lo sviluppo del senso critico” (CV 86). 

Ovviamente la scoperta di quello che si potrebbe definire senza troppe esitazioni un nuovo mondo, apre un ventaglio di possibilità finora impossibili da immaginare però allo stesso tempo non ci si può accostare a questo “nuovo mondo” con superficialità ed ingenuità, infatti evidenzia il Papa «l’ambiente digitale è anche un territorio di solitudine, manipolazione, sfruttamento e violenza, fino al caso estremo del dark web. I media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche. Nuove forme di violenza si diffondono attraverso i social media, ad esempio il cyberbullismo; il web è anche un canale di diffusione della pornografia e di sfruttamento delle persone a scopo sessuale o tramite il gioco d’azzardo».[41]

Oltre a ciò non è difficile imbattersi in relazioni che possono tendere ad essere disumane, oppure al fenomeno della migrazione digitale, per il quale un giovane migra sempre più dalle relazioni reali a quelli virtuali o digitali, “verso un mondo di solitudine e di auto-invenzione, fino a sperimentare una mancanza di radici, benché rimangano fisicamente nello stesso luogo” (CV 90).

In secondo luogo dal paragrafo 91 fino al 94, in tre brevi facciate, si va a discutere sul tema dei migranti, che è ora più di sempre è sotto i riflettori. Il Papa pone come riflessione introduttiva una certezza descrittiva: le migrazioni «rappresentano a livello mondiale un fenomeno strutturale e non un’emergenza transitoria» (CV 91). Quindi tutte le considerazioni in merito debbono partire dal fatto che ci troviamo di fronte ad un fenomeno che pur nella sua variabilità è strutturale. Come è possibile fin da subito notare non si parla di immigrati o di emigrati ma di migranti, in quanto è la condizione dell’uomo che migra e questo fenomeno non riguarda solo il movimento da parte di uomini e donne dai paesi africani a quelli europei (per fare un esempio conosciuto) ma indica anche il flusso migratorio che vede gruppi non più trascurabili di giovani europei o altri che migrano in paesi diversi da quello di origine. Inoltre non va mai dimenticato che l’essere stranieri e pellegrini è una condizione propria della fede cristiana (Eb 11, 13). 

Il Papa denuncia con chiarezza le condizioni spesso dolorose a cui i migranti vanno incontro, essi possono essere sfruttati, abusati, strumentalizzati e senza troppa difficoltà divengono vittime di fenomeni frutto di una mentalità exnofoba. Altresì il fenomeno migratorio comporta da un lato uno sradicamento da parte di colui che parte e dall’altro vi è un impoverimento delle realtà da cui egli proviene che vengono private degli elementi spesso più vigorosi ed intraprendenti. La Chiesa va ad essere un punto di riferimento per entrambe le facce problematiche di questa realtà in divenire. Non si può nemmeno considerare il fenomeno migratorio come esterno alla Chiesa perché varie porzioni di Chiese locali sono costrette ad andarsene dai propri contesti di origine a causa della persecuzione sempre più cruda e forte. Il Papa inoltre esorta i giovani a fuggire davanti alla tentazione di considerare il giovane di un altro paese come nemico, in base a dei pregiudizi o ad una mala informazione. 

L’ultimo ambito tematico che il Santo Padre tratta è quello degli abusi. Nonostante questa piaga abbia una portata universale, cioè non può essere ristretta all’ambito ecclesiastico, «non diminuisce la sua mostruosità all’interno della Chiesa» e «nella rabbia, giustificata, della gente, la Chiesa vede il riflesso dell’ira di Dio, tradito e schiaffeggiato».[50] (CV 96). Davanti a ciò e partendo dalla consapevolezza della necessità di azioni e sanzioni necessarie, si deve porre attenzione su alcuni processi che il Papa stigmatizza come possibili matrici degli abusi: «Il desiderio di dominio, la mancanza di dialogo e di trasparenza, le forme di doppia vita, il vuoto spirituale, nonché le fragilità psicologiche sono il terreno su cui prospera la corruzione» (CV 98). Oltre alla vigilanza relativa a questi meccanismi che a volte prendono il nome di clericalismo è necessario egualmente rendere grazie a tutti coloro che denunciano il male e lo combattono ed anche mettere in risalto   «l’impegno sincero di innumerevoli laiche e laici, sacerdoti, consacrati, consacrate e vescovi che ogni giorno si spendono con onestà e dedizione al servizio dei giovani. La loro opera è una foresta che cresce senza fare rumore» (CV 99).

Un giovane di fronte a queste realtà tragiche ed atroci cosa può fare? Innanzitutto non perdendo di vista che la Chiesa è Madre e «che non si abbandona la Madre quando è ferita, al contrario, la si accompagna affinché tragga da sé tutta la sua forza e la sua capacità di cominciare sempre di nuovo» (CV 101). Poi nel pratico il Papa invita i giovani ad essere testimoni della bellezza e della fragranza del Vangelo e lo fa con queste parole:

«In ogni caso, se vedete un sacerdote a rischio, perché ha perso la gioia del suo ministero, perché cerca compensazioni affettive o ha imboccato la strada sbagliata, abbiate il coraggio di ricordargli il suo impegno verso Dio e verso il suo popolo, annunciategli voi stessi il Vangelo e incoraggiatelo a rimanere sulla strada giusta. Così facendo, offrirete un aiuto inestimabile su un aspetto fondamentale: la prevenzione che permette di evitare il ripetersi di queste atrocità» (CV 100). 

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