Nelle puntate precedenti la nostra Ester è rimasta sempre dietro le quinte. Era infatti opportuno preparare un contesto adeguato, prima di farla entrare in scena. Oggi finalmente è giunto il momento di presentarvela.

La bellezza di Ester

Anzitutto questa giovane ragazza giudea era cugina di Mardocheo, che l’aveva adottata per prenderla in moglie, secondo la versione greca, o per allevarla come figlia, secondo la versione ebraica.
Entrambe le versioni concordano nel darci una notizia, che – come alcuni ricorderanno – abbiamo incontrato anche per le altre due protagoniste dei libri dell’Antico Testamento, finora letti. Sto parlando di Rut e Giuditta.

La nostra Ester non è da meno di loro: «bella d’aspetto», «di bella presenza e di aspetto avvenente» (Est 2, 7). E questa bellezza fisica investe anche la sua interiorità. Qualche versetto dopo ci viene detto che Ester aveva facilmente conquistato la fiducia di Gai, il custode delle donne, incaricato di prepararle per dodici mesi prima di condurle alla presenza del re Artaserse.
«Ester infatti trovava grazia presso tutti quelli che (1) la vedevano» (Est 2, 15).
Queste parole, tra l’altro, rievocano immediatamente quelle rivolte dall’arcangelo Gabriele alla Vergine Maria: “Non temere Maria perché hai trovato grazia presso Dio” (Lc 1, 30).

(1) Versione ebraica: attirava la simpatia di quanti

La bellezza salverà…noi

Abbiamo capito: le donne ebree dell’A. T. erano bellissime, quindi? Perché tanta attenzione a questo particolare? È solo una tecnica descrittiva, abitualmente usata dagli scrittori di A. T., oppure viene a comunicarci qualcosa in più?

Io sono per la seconda ipotesi, anche perché ci stiamo approcciando a un testo sacro che, in genere, usa la ripetizione per sottolineare e ribadire un messaggio importante.

Ebbene, di fronte a una Ester bellissima in procinto di diventare regina, mi sono detta che forse si diventa davvero belli quando si diviene consapevoli della propria bellezza.
Vi racconto una cosa. C’è stato un periodo, quando ero adolescente, in cui non è che mi sentissi così bella (e sto usando un eufemismo). A un certo punto, però, è scattato qualcosa, un ingranaggio arrugginito ha ripreso a funzionare. È cambiato il mio sguardo prima di tutto sulla mia persona. E, a ripensarci bene, deve essere stato il momento in cui mi sono sentita figlia amata in profondità. Allora, quando mi incontravo davanti allo specchio, non vedevo più solo una ragazzina tutta imperfezioni, ma vedevo una figlia di Dio, amata alla follia soprattutto per quelle imperfezioni.

Sentirsi belli è diretta conseguenza del sentirsi figli amati e perdonati, tanto che qualche volta, quando mi specchio e l’immagine riflessa non mi piace, capisco immediatamente che devo tornare a farmi guardare da Dio. Scriveva, a tal proposito, s. Chiara d’Assisi in una lettera ad Agnese di Praga: «Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell’eternità», cioè lasciati guardare da Dio, lasciati dire da Lui chi sei e quanto meriti di essere amato.

Il segreto di Ester

Una volta condotta a palazzo, insieme alle altre fanciulle, la nostra protagonista compie una scelta di obbedienza e prudenza.

«Ester non disse nulla né del suo popolo, né della sua stirpe, perché Mardocheo le aveva ordinato di non dirlo» (Est 2, 10).

Certe volte occorre preservare quella che mi piace chiamare “castità verbale”, che non ha nulla a che vedere con il trattenersi dal dire parolacce, ma piuttosto con il dire le cose al momento giusto, col saper aspettare, saper trattenere alcune perle preziose e verità delicate di noi, per evitare di svenderci. Non si può dire subito tutto e non si può dire tutto a tutti, ma bisogna discernere bene tempi e momenti, per evitare che una verità precoce ferisca l’altro, o che una promessa fatta alla svelta non abbia radici abbastanza profonde per incarnarsi nella realtà. Tutto – anche la parola – ha il suo momento, «il suo tempo sotto il cielo» (Qo 3, 1).

Benedetta

Condividi questa pagina!